Bob Marley, calciatore professionista? Avrebbe potuto esserlo

'Il calcio è libertà'
Un rito di passaggio
Il calcio come via di fuga
Il soprannome
Il calcio, sempre presente
Ordini di priorità
Gli occhi sul pallone
Il re del reggae
Una star conosciuta in tutto il mondo
Il paragone con Allan 'Skill' Cole
Il ritmo del gioco
La samba caraibica
La connessione Marley-Brasile
La dura diagnosi
Il rifiuto
L'ultimo ballo
'Il calcio è libertà'

Robert Nesta Marley, noto anche come Bob Marley, è una delle più grandi icone della Giamaica. Era un profeta filosofico che condivideva attraverso la sua musica il suo messaggio di amore, libertà e unità. Una cosa che in pochi, forse, sanno è che Bob Marley spesso collegava la libertà... al calcio, una delle sue passioni più grandi!

Foto: Youtube @BobMarleyFan

Un rito di passaggio

Le foto di Marley che dribbla, passa, tira e persino fa tunnel agli avversari sono numerose. Che sia a casa sua, in viaggio o addirittura nel backstage di un concerto, Marley viene spesso visto con un pallone da calcio... più che con la chitarra! Era un rito di passaggio per tutti coloro che facevano parte della sua cerchia ristretta giocare a calcio.

Foto: Instagram @bobmarley

Il calcio come via di fuga

Robert Nesta Marley è nato il 6 febbraio 1945 a Nine Mile, in Giamaica, ma ha trascorso la maggior parte della sua infanzia a Trenchtown, a Kingston. La sua infanzia non fu facile e, tra i problemi e le tribolazioni, il calcio, proprio come la musica, gli servì come via di fuga.

Il soprannome "Tuff Gong"

L'identità di Bob Marely era strettamente vincolata al calcio, tanto da ricevere il soprannome di "Tuff Gong", ovvero "pietra vulcanica", per il suo gioco aggressivo in campo. Ci fu un tempo in cui il musicista immaginò il calcio come un modo per uscire dal quartiere di Trenchown, a Kingston.

Immagine: Instagram @bobmarley

Il calcio, sempre presente

Marley iniziò a registrare i suoi primi dischi negli anni '60 con il leggendario produttore Coxsone Dodd. Per problemi finanziari, nel 1966 fu costretto a emigrare negli Stati Uniti per lavorare in una fabbrica. Il calcio era ancora molto presente nella sua vita quotidiana, come mezzo per prendersi cura del suo corpo e della sua mente.

Ordini di priorità

"Prima viene la musica, poi il calcio. Se amassi più il calcio potrebbe essere pericoloso: amo la musica e poi il calcio. Giocare a calcio e segnare è pericoloso perché il calcio diventa molto violento. Io canto di pace, amore e tutto il resto e potrebbe succedere qualcosa, sai? Se un uomo ti dribbla duramente, si crea un sentimento di guerra", disse Marley in un'intervista.

Gli occhi sul pallone

"Era così concentrato, con la palla ai piedi, correva verso di te e il suo obiettivo principale era quello di superarti e poi tirare. Era un maestro in entrambe le sue passioni", ricorda il collega musicista Levi Roots.

Foto: YouTube @Bob Marley Fan

Il re del reggae

Marley tornò in Giamaica nel 1969 per dedicarsi completamente alla sua musica. Iniziò a registrare con il famoso Lee "Scratch" Perry, pubblicando molti dischi di successo.

Una star conosciuta in tutto il mondo

La sua passione per la musica lo ha trasformato in una star mondiale, ma il suo amore per il calcio ha continuato a essere una parte pervasiva della sua vita quotidiana.

"Portare il ghetto nei quartieri alti"

Con il crescere del successo di Marley, crebbe anche la sua reputazione. Si trasferì al 56 di Hope Road, a un paio di case di distanza dalla Casa del Governatore. Marley stava "portando il ghetto nei quartieri alti" e così anche le sue partite di pick-up. Marley organizzava partite di street football 7 contro 7 nel suo giardino!

Foto: Instagram @bobmarley

Il paragone con Allan 'Skill' Cole

L'abilità calcistica di Bob Marley era molto apprezzata da coetanei e rivali. Molti sostenevano che fosse bravo quanto Allan 'Skill' Cole, il suo ex manager, considerato il miglior calciatore della Giamaica.

Il ritmo del gioco

Alcuni impresari inglesi accettavano forse troppo velocemente di giocare una partita contro Marley e i Wailers, credendo di avere una maggiore familiarità con il gioco. Venivano sconfitti quasi sempre.

Immagine: Instagram @bobmarley

La samba caraibica

"Cercare di togliergli la palla [Marley] era semplicemente impossibile, Bob era la persona che era, la palla arrivava sempre a lui. Era il generale del centrocampo, se così si può dire, e lo chiamavano skipper (scheggia, ndR). Erano così bravi che sembrava di giocare in Brasile": così Trevor Wyatt, distributore della Island Records, ha ricordato le giocate di Marley.

Image Credit: Instagram @bobmarley

La connessione Marley-Brasile

Il paragone di Wyatt con la nazionale brasiliana si rivelò profetico: Marley e i Wailers andarono in Brasile nel 1980. La band si recò nel campo personale di Chico Buarque a Rio de Janeiro per una partita di pick-up che vedeva la partecipazione di calciatori professionisti, come Paolo Cesar Caju.

La dura diagnosi

Nel 1977, durante una partita di calcio a Parigi, Marley si ruppe un dito del piede e in seguito i medici gli diagnosticarono un tumore canceroso sotto l'alluce. Il dolore provocato dal tumore iniziò a compromettere le sue capacità calcistiche, anche se, nonostante la diagnosi, Marley continuò a giocare e a rimanere attivo.

Foto: Instagram @bobmarley

Il rifiuto

I medici suggerirono l'asportazione dell'alluce per evitare che si diffondesse ulteriormente, ma a causa delle sue convinzioni religiose e del suo profondo amore e devozione per il calcio, Marley rifiutò l'amputazione.

Foto: Instagram @bobmarley

L'ultimo ballo

Marley non voleva rinunciare a giocare a calcio. Semplicemente non era un'opzione. Alla fine il cancro si diffuse in tutto il corpo e gli tolse la vita nel 1981, ma, fino alla fine, Marley continuò a giocare a calcio.

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