C'è una pericolosa abitudine nel mondo del calcio: Raphaël Varane lancia l'allarme
La questione dei gravi problemi di salute derivati dalle commozioni cerebrali è di estrema attualità nel mondo dello sport. La recente notizia della morte di due giocatori professionisti di rugby e hockey su ghiaccio ha fatto scattare i primi campanelli d'allarme e ora è il calciatore Raphaël Varane a mettere in guardia sulle conseguenze dei colpi alla testa.
In un'intervista rilasciata al quotidiano L'Equipe, il difensore centrale francese, ex giocatore del Real Madrid che attualmente milita nel Manchester United, ha lanciato l'allarme sul pericolo che rappresentano le commozioni cerebrali per gli atleti che le subiscono, assicurando che, nel suo caso, hanno influito sul suo rendimento sia con la Francia che con la squadra spagnola.
«Dopo ripetuti colpi alla testa, dire il giorno dopo una partita che si è stanchi quando tutto è andato bene è più complicato. Spesso, come giocatori, non lo capiamo, non pensiamo nemmeno a fare un test», ha detto il giocatore al quotidiano francese.
In questo senso, ha spiegato Varane, «riconoscere una commozione cerebrale e curarla è una vera sfida. È un vero problema di salute, che può anche mettere in pericolo la vita. Le cose stanno cambiando poco a poco, ma possiamo ancora fare progressi in questo ambito».
Varane ha anche ricordato: «Al Manchester United ci veniva consigliato di non fare più di 10 colpi di testa ad allenamento. A mio figlio di 7 anni, che gioca a calcio, ho consigliato di non colpire di testa il pallone".
Raphaël Varane sa di cosa parla, perché ha subito diverse commozioni cerebrali nel corso della sua carriera di calciatore professionista.
«Se ripenso a tre delle partite più brutte della mia carriera, ce ne sono almeno due in cui avevo subito un trauma cranico pochi giorni prima: contro la Germania nei quarti di finale dei Mondiali 2014 e con il Real Madrid contro il Manchester City agli ottavi di finale della Champions League 2020»
Per quanto riguarda i Mondiali di Brasile 2014, Varane si riferisce alla sfida degli ottavi di finale contro la Nigeria, di cui sostiene di non avere alcun ricordo dopo lo scontro in campo e di averla finito "con il pilota automatico".
«Ho sentito affaticamento agli occhi. Ripensandoci, mi chiedo: se avessi saputo che era una commozione cerebrale, l'avrei detto, anche se significava non giocare la seguente partita dei quarti di finale contro la Germania?»
Il fatto è che nessuno ha esaminato Varane in quel momento per valutare le conseguenze del colpo ed è per questo che lui stesso si è chiesto: «Come potevo misurare in quel momento la mia capacità di giocare o meno contro la Germania ai quarti?».
Il secondo episodio a cui fa riferimento è avvenuto durante una partita di campionato contro il Getafe, in cui il difensore era stato colpito da un pallone dopo un calcio d'angolo che lo aveva costretto ad abbandonare il terreno di gioco.
Anche in questa occasione, pur avendo seguito il protocollo di recupero raccomandato per casi simili, Varane non si è sottoposto ad alcun test. Nei giorni successivi, durante gli allenamenti con il Real Madrid sentiva un profondo affaticamento che ora collega direttamente alla commozione cerebrale che aveva sofferto e che lo ha condizionato per la partita successiva contro il Manchester City in Champions League.
«Forse se avessi fatto un test per valutare le mie capacità di recupero, avrei posticipato il rientro all'allenamento e sarei tornato a giocare con un livello di energia normale», ha aggiunto Varane nell'intervista a L'Equipe.
L'avvertimento di Varane riporta alla mente il dibattito che si è sviluppato in seguito alla notizia della morte dell'ex giocatore di rugby neozelandese Billy Guyton nel 2023 per encefalopatia traumatica cronica (CTE), una malattia degenerativa causata da ripetuti traumi cranici.
Negli anni precedenti alla sua scomparsa, Guyton aveva riscontrato una serie di problemi di salute. Per esempio, non sopportava i rumori e la luce e aveva cominciato ad avere dei disturbi che gli impedivano di giocare con la figlia piccola.
Poco tempo dopo arrivava anche la notizia della morte del leggendario giocatore della NHL Chris Simon, che si è tolto la vita il 18 marzo 2024 all'età di 52 anni. Da anni soffriva di depressione e ansia a causa della CTE di cui era affetto, derivata anch'essa dai colpi alla testa e dalle commozioni cerebrali riportate durante la sua carriera.
Sono casi come quelli di Guyton e Simon a rendere le parole di Raphaël Varane ancora più incisive nell'allertare il mondo del calcio sulla pericolosità degli infortuni alla testa, derivati dagli impatti diretti con il pallone e dagli scontri con altri giocatori.
«Quando sai che le commozioni cerebrali ripetute hanno un effetto potenzialmente fatale, dici a te stesso che le cose possono mettersi molto male. A quel tempo non ero un padre di famiglia, ma oggi, a 30 anni e con tre figli, la penso diversamente», ha concluso Varane.
I sindacati dei giocatori di sport come il rugby e l'hockey su ghiaccio si stanno già mobilitando per questa situazione ed è ora che anche altre discipline inizino a prendere provvedimenti per evitare le conseguenze fatali dei colpi alla testa, così comuni in uno sport come il calcio.
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