Gattuso e gli altri calciatori che incutevano più timore agli avversari
Non tutti i calciatori si distinguono per il loro talento e il duro lavoro sul campo. Nel corso della storia di questo sport, alcuni hanno compensato la loro mancanza di qualità con un atteggiamento impavido che incuteva timore agli avversari. Ecco alcuni di quelli che facevano più paura.
Nato a Watford (Galles) nel 1965, Vinnie Jones è ricordato per gli innumerevoli modi in cui intimidiva, infastidiva e infortunava gli avversari, oltre a essere diventato famoso come attore. La sua "strizzatina" a Paul Gascoigne è storia del calcio.
L'eterno capitano del Manchester United era tutto grinta e determinazione e non ci andava per niente leggero con i rivali. Ne sa qualcosa Alf-Inge Haaland, padre di Erling. Nel 1997 Roy Keane rimediò la rottura dei legamenti in seguito a un contrasto di gioco con Haaland, del quale si vendicò anni dopo con un tackle da brivido, mettendo fine alla carriera del norvegese.
Ringhio viveva le partite con un'intensità pari a quella di mille giocatori. La cosa più bella del centrocampista è che non si limitava a urlare in faccia e a intimorire gli avversari, ma se la prendeva anche con i compagni di squadra quando commettevano errori. Un vero guerriero e un leader nato.
Il difensore centrale che ha fatto la storia del Real Madrid è noto per il suo gioco duro. Se uno dei suoi potenti tiri colpisce l'avversario, è colpa sua che si è messo in mezzo. Non importa quanti anni passino, nessuno capirà mai cosa gli sia passato per la testa quando ha preso a calci Javier Casquero del Getafe in una partita di campionato.
Compagno di ballo di Pepe per anni, eterno capitano del Real Madrid e detentore del record di espulsioni nella Liga. Un giocatore dalle doti superbe e dal carattere indomito che portava alcuni avversari a togliersi di mezzo quando lo sentivano arrivare.
Se cerchi sul dizionario "difensore incisivo", accanto appare la foto di Marco Materazzi. Matrix sapeva che se voleva entrare nella storia del calcio doveva essere aggressivo e a volte ha esagerato. Curiosamente, sarà ricordato per una giocata in cui fu lui a essere attaccato: la famigerata testata ricevuta da Zidane, che aveva provocato insultando la sorella, nella finale dei Mondiali 2006. Puro trash-talking.
Un maestro delle arti oscure. Una leggenda dello storico Siviglia che dominò in Europa e lottò per lo scudetto contro i due giganti spagnoli. L'episodio più famoso che lo riguarda è quello della gomitata ad Arango per la quale Diego Armando Maradona arrivò a chiedere il carcere per il centravanti del Siviglia.
Un difensore centrale che sembrava lento, ma che non era mai fuori posizione e, quando lo era, non aveva problemi a risolverlo in modo irruento. Quando giocava nel Siviglia, in coppia con Javi Navarro incuteva timore a chiunque.
All'età di 21 anni indossava già la fascia dell'Arsenal, che stava vincendo titoli importanti anche grazie a lui. Tony Adams non si imponeva solo in campo, ma anche fuori, dove i suoi alterchi notturni erano all'ordine del giorno. Ha persino trascorso tre mesi in prigione per guida in stato di ebbrezza.
Il giocatore olandese ha osato dare un calcio in petto allo spagnolo Xabi Alonso nella finale dei Mondiali 2010 in Sudafrica... e non è stato espulso! Solo per quell'azione e per il fatto di non aver visto il cartellino rosso, Nigel De Jong faceva paura a tutti.
Alto 191 cm, che potevano sembrare anche il doppio, era un giocatore imponente ma molto veloce. Se a ciò si aggiunge il volto da cattivo di un film di James Bond e i capelli rasati, Jaap Stam era il tipico personaggio invocato dalle madri per spaventare i bambini che si comportano male. E anche gli attaccanti che giocavano contro di lui.
Il centrocampista scozzese ha ammesso che si radeva la testa per intimidire gli avversari e pare che lo stratagemma abbia funzionato visto che metteva paura a chiunque.
La carismatica leggenda del Bayer Monaco passava tutta la partita a urlare agli avversari e ai compagni di squadra ma, fortunatamente, essendo in porta non poteva muoversi troppo. Tuttavia, un suo solo sguardo poteva attraversare l'intero campo e arrivare fino agli attaccanti della sua squadra.
Il centrocampista olandese era un cane da preda che non mollava l'avversario finché non gli portava via la palla o non lo vedeva a terra. Basta chiedere ad Andrés Iniesta nella finale dei Mondiali del 2010. È stato uno dei pochi a far perdere la testa allo spagnolo in campo.
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