Troppo veloci, troppo forti o poco femminili: le atlete hanno dovuto sopportare la terribile "polizia del genere" fin dalle prime Olimpiadi
Meno di un minuto dopo l'inizio del match alle Olimpiadi di Parigi, la pugile italiana Angela Carini si è ritirata dalla competizione contro l'algerina Imane Khelif.
Seguito a ciò, figure pubbliche note per le loro posizioni anti-trans, tra cui JK Rowling, hanno avanzato l'ipotesi che Khelif sia una donna transgender, ipotesi che si è rivelata assolutamente falsa. E la Khelif non è la sola atleta ad essere stata vittima di questa campagna.
Eveleth sottolinea che nel 1928, la prima volta che le donne furono autorizzate a competere nell'atletica alle Olimpiadi, la runner giapponese Kinue Hitomi fu presa da parte e messa alla prova per confermare la sua “femminilità” dopo aver vinto una medaglia d'argento negli 800 metri.
In un numero di febbraio 1937 della rivista Look, una fotografia dell'atleta olimpica americana Helen Stephens (nella foto a sinistra) apparve sotto il titolo “Cosa ne pensi? Si tratta di un uomo o di una donna?", secondo un reportage della NBC.
Successivamente, Stephens, due volte campionessa olimpica e imbattuta, ha perso preziose opportunità di carriera e borse di studio, secondo Sharon Kinney-Hanson, autrice di "The Life of Helen Stephens: The Fulton Flash".
Foto: Stephens con Jesse Owens alle Olimpiadi del 1936
Negli anni '40, le autorità sportive iniziarono a testare le atlete il cui s e s s o era considerato sospetto, secondo Human Rights Watch, che sosteneva che in genere consistevano in esami fisici e visivi eseguiti da medici.
Durante l'era della Guerra Fredda degli anni '60, le stelle dell'atletica leggera sovietica Irina e Tamara Press stabilirono insieme almeno 22 record mondiali, un'impresa che suscitò commenti negativi sui media, in cui veniva costantemente insinuato che fossero degli uomini.
Tra i timori che le squadre dell'Europa orientale potessero ospitare impostori maschi, gli organi di governo dello sport, tra cui l'Associazione internazionale delle federazioni di atletica leggera (ora World Athletics) e il Comitato olimpico internazionale (CIO), iniziarono a richiedere il test cromosomico a tutti gli atleti.
Negli anni 2010, le autorità sportive avevano iniziato a monitorare i livelli di testosterone degli atleti, e gran parte dei loro sospetti ricadevano sugli atleti di colore ad alte prestazioni del Sud del mondo, ha affermato Lindsey Parks Pieper, autrice di Sex Testing: Gender Policing in Women's Sports' della NBC.
La atleta sudafricana Caster Semenya è stata una delle atleti prese di mira perché troppo veloce e con una corporatura muscolosa, ha detto Pieper. E quando vinse gli 800 metri ai campionati mondiali di atletica leggera a Berlino nel 2009, la rivista Time pubblicò un articolo intitolato "Questa campionessa del mondo potrebbe essere un uomo?"
Dopo che le è stato vietato di competere in gare da 400 metri a 1 miglio a meno che non avesse ridotto dal punto di vista medico il suo testosterone, Semenya, che è legalmente donna ma ha una condizione i n t e r s e s s u a l e, ha portato il suo caso alla Corte internazionale di arbitrato per lo sport nel 2019 per presunta discriminazione.
Secondo i documenti del tribunale, riportati dall'Associated Press, World Athletics ha sostenuto che Semenya è "biologicamente maschio", un'affermazione che l'atleta ha detto "fa più male di quanto possa esprimere a parole".
Dopo aver perso la causa, Semenya non ha potuto competere alle Olimpiadi di Tokyo 2020. Tuttavia, nel luglio 2023, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha stabilito che la decisione della corte del 2019 costituiva una discriminazione e una violazione della privacy di Semenya.
Le argomentazioni basate sui test dei livelli di testosterone sono complicate, poiché ci sono alcuni motivi per cui le donne possono avere livelli elevati di questo ormone oltre all'i n t e r s e s s u a l i t à, come la sindrome dell'ovaio policistico, una condizione comune che colpisce tra il 7 e il 10% delle donne in età fertile, solo per citarne una.
In effetti, i livelli di testosterone variano notevolmente da persona a persona, sia negli uomini che nelle donne. Negli uomini, i livelli di testosterone variano tra 300 e 1.000 nanogrammi per decilitro. Ma anche se la differenza è notevole, solo le atlete vengono sottoposte a tali test.
"Negli sport maschili si celebrano le meraviglie biologiche", scrive l'autrice Lindsey Gibbs per la rivista Time. "Il lungo busto di Michael Phelps e le articolazioni iperestese del petto, dei piedi e dei gomiti gli danno un vantaggio estremo rispetto ai suoi avversari..."
Eppure, "Phelps non è mai stato costretto a minimizzare queste caratteristiche con cui è nato per rendere le cose 'più giuste' per gli altri uomini in competizione", aggiunge Gibbs.
Allo stesso modo, Gibbs sottolinea che "nessuno ha espulso il centro cinese Yao Ming dal basket perché era così alto e grosso" e il running Usain Bolt " non è stato costretto a dimostrare che i suoi ormoni erano tutti nella norma per un uomo adulto."
Inoltre, la “polizia di genere” delle atlete è spesso andata di pari passo con la speculazione sul loro orientamento s e s su a l e. Negli anni '80, i giornalisti sportivi denunciarono la stella del tennis Martina Navratilova come gay, dopo che si parlava costantemente di lei perché era troppo brava per giocare contro altre donne.
"Storicamente, c'è stata la preoccupazione che lo sport avrebbe mascolinizzato le donne o che le distinzioni di genere apprezzate da molte persone sarebbero andate perse", ha detto alla NBC la storica Susan Cahn. Una paura che può essere vista nei tentativi da parte dei funzionari sportivi di far indossare alle donne “uniformi femminili”, ha detto Cahn.
Ha aggiunto che “l’avversione per le donne che appaiono mascoline o che sembrano competere in maniera mascolina si estende alle donne transgender e alle persone i n t e r s e s s u a l i che competono come donne”.
I vantaggi biologici fanno semplicemente parte dello sport. “Equità competitiva” non significa che tutti avranno esattamente le stesse capacità. Le donne trans possono avere vantaggi rispetto alle donne cis? Sì. Le donne cis possono avere vantaggi rispetto alle altre donne cis? Anche.
La domanda importante, secondo la dottoressa Joanna Harper, dovrebbe essere se le donne trans e cis possono affrontarsi in una "competizione significativa". La risposta sembrerebbe essere sì, ma solo a patto che le donne trans non vincano. "Se vinciamo, allora sarà problematico. Ma perché competere se non ti permettono di vincere?"
Al di là delle polemiche seguite all'incontro di Khelif con Carini, esse hanno reso manifesto un problema che va al di là dello sport e investe la società stessa, che ha dimostrato di non essere ancora capace di abbracciare un qualsiasi tipo di diversità e di non essere cambiata poi tanto dai tempi delle prime Olimpiadi.
Speriamo solo che la sua medaglia d'oro riesca ad addolcire il ricordo di questa feroce campagna di odio da cui la pugile algerina è stata investita in questi giorni!