Che fine ha fatto Marat Safin?

'Predestinato al successo'
Non c'erano solo Federer e Nadal
Un talento sprecato?
Lo stile di gioco
Gli inizi
La formazione in Spagna
Un giocatore completo
Il primo torneo a Boston nel 1999
Gli US Open del 2000
Di fronte a lui un mostro sacro
Uno strepitoso 6-4, 6-3, 6-3
Il periodo d'oro
Nel 2002 vince ancora, ma...
1055 racchette rotte
Un alter ego oscuro
L'interesse per la sua vita privata
Non perdeva solo con i campioni indiscussi
La rovinosa sconfitta con Johansson
'Vincevo lo stesso'
Risorge dalle ceneri
Una finale incredibile, dopo una semifinale storica
Il tennis sembra non interessarlo più
La parentesi politica
Il suo voto a leggi promosse da Putin
Di lui si sa poco
'Io vivo'
'Predestinato al successo'

Di Marat Safin, negli anni, molto è stato detto ed è stato scritto, ma se c'è una definizione di questo campione che si ripete un po' ovunque è quella di "grande talento" e di "predestinato" al successo. Eppure, come vedremo, non è stato del tutto così.

Non c'erano solo Federer e Nadal

Sembra impossibile, infatti, eppure c'è stato un momento nella storia del tennis degli anni '90 e dei primi anni 2000 in cui altri giocatori contendevano lo scettro di re del tennis a campioni come Federer e Nadal. Non erano numerosi, a dire il vero, ma alcuni di essi sembravano avere tutte le carte in regola per riuscirci e Safin era uno di essi.

Un talento sprecato?

Sulle pagine dell'edizione americana di GQ, John Jeremiah Sullivan ne tracciò un potente ritratto in tempi non sospetti, definendolo “il talento più puro nella storia del gioco" e chiedendosi, con veemenza, perché non fosse mai riuscito a mettere a frutto il suo grandissimo potenziale. E non è stato certo l'unico giornalista che, parlando di Safin, abbia accompagnato alla parola 'talento' l'aggettivo 'sprecato'.

Lo stile di gioco

Chiunque abbia visto giocare Marat Safin, del resto, non può non ricordare la potenza di questo imponente giocatore. Forte dei suoi 193 cm di altezza, al suo poderoso fisico accompagnava una notevole destrezza tecnica che si rendeva ancora più evidente al servizio, con i suoi lungolinea di rovescio (rigorosamente a due mani) e al gioco a rete.

Gli inizi

Questo suo incredibile stile di gioco era in parte il risultato di quanto appreso nei suoi primi anni allo Spartak Tennis Club, il mitico circolo moscovita gestito da suo padre, quel club da cui, negli anni, sono arrivati alcuni tra i più grandi nomi del tennis russo, come Dementieva (con Safin nella foto), Kournikova e Youzhny, tra gli altri.

La formazione in Spagna

Ma la formazione di Safin non si limita a quanto appreso nel suo paese natale: ad aiutarlo nella sua evoluzione sono fondamentali anche gli insegnamenti ricevuti in Spagna, paese in cui si trasferì appena 14enne grazie all'intercessione di "un amico di un amico che voleva fare business", come riporta la Gazzetta dello Sport, e che, vedendo il potenziale del giovane Marat, finanziò il suo arrivo a Valencia.

Un giocatore completo

In Spagna, il giovanissimo Safin impara a dominare il gioco da fondo campo, tipico dei giocatori spagnoli "pre-Nadal", ma non disdegna neanche il gioco a rete e si trasforma, nel tempo, in un giocatore decisamente completo capace di battere nel 1998, a soli 18 anni, campioni come Andre Agassi e Gustavo Kuerten al Roland Garros.

Il primo torneo a Boston nel 1999

Da quel momento Safin inizia a scalare in fretta la classifica, vincendo il suo primo torneo a 19 anni. Parlano di lui come di una rivelazione e, se qualcuno all'epoca avesse avuto dei dubbi, lui li avrebbe dissipati definitivamente l'anno successivo.

Gli US Open del 2000

È il 10 settembre del 2000. Il ventenne Safin è approdato alla finalissima degli US Open, dopo aver battuto giocatori della taglia di Grosjean, Ferrero, Kiefer e Martin.

Di fronte a lui un mostro sacro

Dall’altra parte della rete ad aspettare quel Safin alle prime armi c’è Pete Sampras, un uomo che, a quel punto della sua carriera, si era già aggiudicato 13 Slam (7 Wimbledon, 4 US Open e 2 Australian Open). I pronostici sono, ovviamente, tutti a favore di quest'ultimo. Eppure...

Uno strepitoso 6-4, 6-3, 6-3

Eppure Safin quel giorno sfodererà il suo miglior tennis. Il pubblico, incredulo, assiste alla disfatta di un mostro sacro come Sampras in soli 3 set, con un punteggio di 6-4, 6-3, 6-3. Il russo è praticamente perfetto: in tutta la partita porterà a casa 37 punti vincenti, ma, soprattutto, commetterà solo 11 errori forzati.

"Ha fatto quel che voleva di me"

"Questo fenomeno ha giocato un tennis che non conoscevo, mi ha sommerso, ha fatto quel che voleva di me, come non immaginavo, come non pensavo fosse possibile", dirà Sampras nell'intervista al termine di quella partita.

Il periodo d'oro

Tra la fine del 2000 e l'inizio del 2001 Safin conferma il suo periodo d'oro: vincendo il torneo di San Pietroburgo e il Master 1000 di Parigi-Bercy ottiene la prima posizione della classifica ATP, una posizione che, però, riuscirà a mantenere solo per 9 settimane.

Nel 2002 vince ancora, ma...

Nel 2002 vince di nuovo il Master1000 di Parigi-Bercy e riesce ad arrivare in finale agli Australian Open, dove ripeterà il medesimo piazzamento anche nel 2004. Sembra iniziare a mostrare, poi, una certa, preoccupante, discontinuità nel gioco.

1055 racchette rotte

È vittima di diversi infortuni e si mostra sempre più nervoso e irascibile in campo. Lui stesso ammetterà di aver rotto (volutamente e con gesti di rabbia) un incredibile numero di racchette, molte delle quali proprio in questa fase della sua carriera. Secondo la BBC, saranno almeno 48 solo nel 1999, mentre a USA Today lui stesso parla di 1055 racchette rotte in tutta la sua carriera.

Un alter ego oscuro

Se non avessimo ancora ben chiaro il periodo che stava attraversando, forse il commento che ne fece il New York Times nel 2002 ci può aiutare a comprendere meglio il Safin dell'epoca, un uomo che: "non si lascia andare a crisi di nervi, ma cade in un alter ego oscuro che lo tortura fino a fargli fare le facce di un personaggio dei cartoni animati e a conversare con oggetti inanimati."

L'interesse per la sua vita privata

I giornalisti dell'epoca iniziano a concentrarsi su quello che Safin fa nel suo tempo libero e, in generale, sulla sua vita privata, chiedendosi se sia proprio la sua condotta fuori dal campo, tra locali, discoteche e amori, a influenzare il suo rendimento.

Non perdeva solo con i campioni indiscussi

Non giocava a suo favore il fatto che, nel periodo tra il 2001 e il 2004, stava perdendo con giocatori che, in altri momenti, Safin avrebbe potuto battere ad occhi chiusi. Emblematica, ad esempio, fu la rovinosa sconfitta in finale agli Australian Open del 2002 con Thomas Johansson (nella foto).

La rovinosa sconfitta con Johansson

La prestazione in campo di Safin fu decisamente poco convincente e in molti la attribuirono alla presenza in tribuna di 3 giovani ragazze, che la stampa iniziò a chiamare "safinette".

'Vincevo lo stesso'

Safin si troverà più volte a doversi difendere da queste accuse sulla sua vita privata. Come riporta la Gazzetta dello Sport, il russo dirà: "Se sei famoso, ricco e frequenti un bell’ambiente, non è difficile conoscere una bella ragazza. Ne parlano come se le donne mi avessero rovinato, ma anche quando ero numero uno del mondo venivano a suonare alla porta. Eppure vincevo lo stesso."

Risorge dalle ceneri

Eppure qualunque fosse la causa del suo rendimento poco convincente, Safin sarà capace di risorgere dalle sue ceneri e, come era successo con Sampras agli US Open, troverà la vittoria in uno Slam battendo il padrone di casa. Succederà agli Australian Open nel 2005.

Una finale incredibile, dopo una semifinale storica

Al torneo di Melbourne, infatti, Safin torna a sfoderare il suo miglior tennis e riesce ad aggiudicarsi la finale e il suo secondo Slam, Lleyton Hewitt per 1-6 6-3 6-4 6-4, dopo una semifinale (che consigliamo di rivedere) contro Roger Federer, durata oltre 5 ore.

Il tennis sembra non interessarlo più

Dopo gli Australian Open ci si aspettava un suo rientro alla grande, eppure il tennis sembrava interessarlo sempre meno. Nel 2007, in prossimità della semifinale di coppa Davis, Safin abbandona la squadra russa, che poi perderà in casa la finale contro gli Stati Uniti. Lui, nel frattempo, si trova a Katmandu, pronto a scalare il Cho Oyu, la 6a montagna più alta del mondo.

La parentesi politica

Tornerà al tennis, ma solo per poco, finché non deciderà di abbandonarlo definitivamente nel 2009, a soli 29 anni, per dedicarsi alla politica. Nel 2011 diventa deputato della Duma per il partito di Vladimir Putin e rimarrà tra i banchi del parlamento russo fino alle dimissioni nel 2017.

Il suo voto a leggi promosse da Putin

La sua incursione nella vita politica russa è segnata dal suo appoggio a 2 delle più polemiche leggi promosse dal governo Putin: la prima è la legge anti-propaganda gay (che prevede il sanzionare chiunque esponga i minorenni all'omonormatività); la seconda in materia di adozioni (che, di fatto, impedisce l'adozione di bambini russi da parte di cittadini statunitensi).

Di lui si sa poco

Da quando ha lasciato la Duma, se possibile, Safin è diventato ancora più schivo. È possibile vederlo in partite di esibizione e di veterani, come in questa foto, ma concede poche interviste e usa poco i social network, in cui alterna post sui luoghi che visita a foto nostalgiche della Russia che fu e... video dei suoi gatti.

'Io vivo'

E anche quando queste interviste le concede, Safin continua a essere perentorio e un po' sfuggente, come lo è stato per tutta la sua carriera. Ad un giornalista di Sport.rsu che gli aveva chiesto cosa stesse facendo, Safin rispose, laconico: "Cosa faccio? Niente, non faccio niente. Io vivo.".

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