Paolo Di Canio 'The Volcano': una carriera tra polemiche e pallone
Paolo Di Canio "The Volcano" è una delle figure più controverse del calcio italiano. Mentre in Italia è stato sempre al centro di polemiche e discussioni, nel Regno Unito è riuscito, in parte, a trovare una sua dimensione, facendosi amare specialmente dai tifosi del West Ham United, come dimostra l'articolo "10 reasons why we love Paolo Di Canio" pubblicato sul sito del club inglese. Tra i 10 motivi anche l'essere stato "il miglior marcatore di tutti i tempi del West Ham nella Premier League".
Classe 1968, Paolo Di Canio è stato uno dei calciatori italiani, che nonostante i discutibili comportamenti dentro e fuori il campo, ha sempre messo il cuore in ogni partita. Oggi, a distanza di parecchi anni dal suo ritiro come giocatore, dice di essere cambiato. Ripercorriamo la sua carriera calcistica per rivivere alcuni dei momenti più significativi della sua vita professionale.
Di Canio è nato e cresciuto al Quarticciolo, una storica borgata di Roma, in una famiglia di romanisti. Per questo sin da piccolo ha dovuto nascondere la sua passione per la Lazio.
La squadra biancoceleste non è stata soltanto una passione, ma anche quella che lo ha fatto esordire in Serie A, il 9 ottobre 1988, in una trasferta con il Cesena finita 0-0. Di quegli anni viene ancora ricordato il gol segnato contro la Roma, il 15 gennaio 1989, festeggiato sotto la curva giallorossa con il dito puntato, un gesto che ripeterà più volte durante la sua carriera.
Nel 1990 passa alla Juventus, dove trascorre tre stagioni non molto positive a causa del suo difficile rapporto con il mister Trapattoni. Verrà poi ceduto al Napoli nel 1993.
Nella squadra partenopea, allenata da Marcello Lippi, nonostante dimostri di essere in grande forma, rimane per una sola stagione. L'anno successivo, infatti, viene ingaggiato dal Milan di Capello, squadra con cui vince il suo primo scudetto (stagione 1995-1996).
Anche nel club rossonero, Di Canio non riesce a trovare una stabilità, ancora una volta a causa dei rapporti turbolenti con il mister, Fabio Capello, tanto che tra i due ci fu una furiosa lite durante la tournée in Indonesia del Milan sfociata in uno scontro verbale molto duro.
Chiuse le porte del Milan, si aprono quelle del calcio britannico. Di Canio nel 1996 arriva a Glasgow, in Scozia, dove gioca una stagione con il Celtic: qui viene votato giocatore dell'anno. Da questo momento in poi inizia una nuova vita per il calciatore romano.
Successivamente approda nello Sheffield Wednesday, in cui segna 12 gol in un anno. Anche in Inghilterra, però, fa emergere il suo controverso temperamento che lo porta a discutere con l'arbitro Paul Alcock, fino a spingerlo a terra, per aver ricevuto un cartellino rosso. Il gesto gli costerà 11 giornate di squalifica.
Nel 1998 passa al West Ham United, dove trascorre quattro stagioni totalizzando 48 gol e 118 presenze. In questi anni Di Canio riesce a dare una nuova immagine di se stesso. Basti pensare a quanto accaduto durante l'incontro con l'Everton, quando fermò il gioco, invece di andare in rete, per permettere allo staff medico di soccorrere il portiere avversario a terra.
Grazie a quell'episodio Di Canio è riuscito a guadarsi l'affetto e l'amore di tutti i tifosi. E non solo. Ha ricevuto anche il FIFA Fair Play Award insieme a una lettera ufficiale di encomio firmata da Joseph Blatter, all'epoca presidente dell FIFA.
Con gli Hammers Paolo Di Canio ha segnato anche quello definito il più bel gol siglato ad Upton Park fino al maggio 2016, un incredibile tiro al volo messo in rete il 26 marzo 2000 contro il Wimbledon FC.
A dimostrazione di quell'amore ormai nato tra Di Caio e i tifosi inglesi, anche le parole di Noel Gallagher degli Oasis, rilasciate durante un'intervista a Sky Sport: "In Inghilterra lo amiamo, è uno di quei pochi giocatori amati anche dai tifosi avversari. [...] Tutti amano Di Canio, anche i tifosi di Chelsea e Arsenal. Perché giocava come un tifoso, giocava con il cuore. Per questo lo amiamo".
Il calciatore romano ha trascorso una ultima stagione in Premier League nel Charlton, per poi tornare, a quattordici di distanza, al suo primo amore: la Lazio. Di quegli ultimi anni della sua carriera (che si è conclusa ufficialmente nel 2008 in C2 nella Cisco Roma) è rimasto nella storia un altro episodio polemico di cui si è reso protagonista.
Il 6 gennaio 2005 nel derby con la Roma, Paolo Di Canio, dopo aver segnato, corre di nuovo sotto la curva Nord. Questa volta, però, non c'è nessun dito alzato. Di Canio solleva il braccio facendo il saluto romano, per poi ripetere la stessa scena più volte anche in altre partite.
Di questo episodio ne ha parlato nel 2017 durante un'intervista al Corriere della Sera: "È la cosa di cui mi più mi pento nella mia carriera. Quello è un ambito sportivo, è stupido fare un gesto politico che magari può essere condiviso da alcuni spettatori e amareggiarne molti altri. Non avrei mai dovuto farlo. Lo sport deve restare fuori da certe cose".
Al giornalista che gli ricorda che, in seguito, lo ha ripetuto in più occasioni e che gli chiede perché, Di Canio risponde: "Per provocare. Per rabbia. Era scoppiato il casino. Mi tiravano sassi dagli spalti. Sputi, cori con insulti terrificanti ai miei genitori. Le ho detto che sono pentito, non che nella mia vita sono stato un santo".
La vicinanza di Paolo di Canio alle ideologie politiche di estrema destra non sono mai state un mistero. Nel 2016, mentre lavorava come conduttore tv per Sky Sport, l'account Facebook della rete ha pubblicato una foto in cui si poteva notare il suo tatuaggio con la scritta "Dux" sul braccio destro.
Di fronte a questo dettaglio, Sky Sport non perde tempo e decide di sospendere il conduttore. Questo il comunicato stampa rilasciato da Jacques Raynaud, all'epoca executive vice presidente Sky Sport & Sky Media, riportato dalla Gazzetta dello Sport: "Abbiamo fatto un errore, ci scusiamo con tutti quelli di cui abbiamo urtato la sensibilità. Dopo aver parlato a lungo con Di Canio, nonostante la sua professionalità e competenza calcistica, abbiamo deciso insieme di sospendere la sua collaborazione".
Rispetto a questa vicenda Di Canio ha giustificato così l'accaduto al Corriere: "Era ancora estate, indossavo una polo. C’è da girare un video promozionale. Se fossi stato in giacca e cravatta non sarebbe successo. Così va la vita. Non me l’aspettavo. Sono un’altra persona. Non ho fatto nulla, almeno questa volta. A causa di qualcosa ormai lontano nel tempo ho perso un lavoro che facevo con entusiasmo".
Paolo Di Canio dice di essere cambiato, di non essere più quel ragazzo che esultava con il braccio destro teso sotto la curva avversaria. "Ho imparato a mettermi dalla parte degli altri, a ragionare con loro. C’è tanta gente che ha ogni diritto a sentirsi ferita dall’esibizione, per quanto non voluta, di quei tatuaggi. E un’azienda importante come Sky ha diritto a non vedersi associata a una simbologia che non condivide. Ma non era stata una mia scelta. E ancora oggi ne pago le conseguenze".
Ad oggi Paolo Di Canio continua a collaborare come opinionista in trasmissioni sportive e ha anche scritto due libri: "Paolo Di Canio. L'autobiografia" (2001) e "Il ritorno. Un anno vissuto pericolosamente" (2005).