Il salto in alto come non lo avete mai visto: così si saltava prima del 1968
Negli ultimi anni il salto in alto, insieme ad altre discipline atletiche, è diventato tra gli sport più amati: grazie alle prodezze di Gianmarco "Gimbo" Tamberi e dei suoi colleghi questa disciplina sta, insomma, ricevendo più attenzione che in passato. Ma sapevate che prima del 1968 si saltava con lo stile ventrale, anche detto "straddle"?
Ebbene sì, il salto in alto che oggi tutti conosciamo è arrivato in maniera a dir poco rivoluzionaria soltanto nel 1968 grazie a Dick Fosbury e alla sua innovativa tecnica chiamata, per l’appunto, "Fosbury Flop", che ha cambiato per sempre la storia di questo sport.
Prima del "salto alla Fosbury" gli atleti erano abituati a utilizzare altri tipi di tecniche, in cui spesso lo sguardo era rivolto verso il basso. Scopriamo i vari modi che gli atleti utilizzavano per dare il meglio di sé in questa disciplina, ripercorrendo la storia del salto in alto.
Conosciuta e praticata sin dalla Grecia antica, l’evoluzione di questa disciplina si deve soprattutto agli Stati Uniti, paese dove già verso la fine del '700 l'atleta William Byrd Page aveva messo a punto la tecnica "a forbice", tecnica che sarebbe poi stata sviluppata e perfezionata da altri suoi colleghi.
Nella tecnica "a forbice", detta anche "sforbiciata", l'atleta corre verso l'asticella, sollevando una gamba tesa per superarla, seguita dalla seconda gamba. Durante il salto, l'atleta abbassa il p e t to per compensare lo slancio verso l'alto e usa le braccia per aiutarsi. L'atterraggio avviene in piedi.
La "sforbiciata" fu la tecnica maggiormente utilizzata fino all'avvento di un nuovo metodo, il "western roll", o "rullo californiano", ideato da George Horine (in foto) nel 1912.
Rispetto alla "sforbiciata", il "western roll" prevedeva una posizione del corpo quasi coricata su un fianco nell'attimo dello scavalcamento. L'atleta compie pochi passi lenti, quindi spinge con la gamba sinistra, seguita dallo slancio della destra. Durante il passaggio, le anche sono allineate sulla verticale della sbarra.
Nonostante il "western roll" avesse fatto ottenere a Horine un salto di 2,02 metri, un record per l'epoca, la tecnica fu oggetto di numerose critiche, specialmente da parte di giudici di gara.
Qualche anno dopo, Harold Osborn (in foto), che non aveva mai visto eseguire la tecnica dal vivo, ma che ne aveva sentito parlare, la perfezionò, riuscendo a saltare 1,98 metri ai Giochi Olimpici di Parigi del 1924, vincendo la competizione.
Il "western roll" fu la tecnica più utilizzata dagli atleti fino agli inizi degli anni '30 del secolo scorso, quando l'atleta Dave Albritton (in foto), originario dell'Alabama, un fan assoluto della tecnica di Horine, la perfezionò ulteriormente avvicinandosi a quello che oggi tutti definiamo "straddle", ovvero lo stile ventrale.
Secondo il nuovo metodo, anziché portare le anche allineate in verticale sopra la sbarra, bisogna spingere il corpo verso una rotazione ancora maggiore all'atto dello scavalcamento. In questo modo l'addome è rivolto verso l'asticella e la linea delle anche parallela al terreno.
Inizialmente chiamata "belly roll", lo "straddle" (che può essere tradotto anche come "inforcata", o "a cavalcioni", oltre che "ventrale") è stata la tecnica più utilizzata nel salto in alto per i successivi quarant'anni.
Tra i principali esponenti del salto ventrale ricordiamo il russo Valerij Brumel che conquistò la medaglia d'oro a Tokyo nel 1964. Brumel fu per ben sei volte primatista del mondo: con lui il record passò da 2,23 metri nel 1961 a 2,28 metri nel 1963.
Credit: Wikimedia
Ma la grande rivoluzione nel mondo del salto in alto ancora non era arrivata. Bisognerà attendere le Olimpiadi di Città del Messico '68 per assistere al salto che diventerà per sempre un'icona nella storia di questo sport.
In foto, Dick Fosbury, Olimpiadi di Città del Messico '68
Dick Fosbury (scomparso il 12 marzo 2023) decise di capovolgere la tecnica ventrale saltando di schiena, vincendo l'oro in Messico con 2,24 metri e aprendo la strada a questo innovativo e moderno stile che prese il suo nome.
Bisogna precisare che questa nuova maniera di saltare era stata resa possibile anche grazie alle modifiche avvenute negli impianti, come la sostituzione nella zona di ricaduta della sabbia con blocchi di gommapiuma, così da proteggere l'atleta dopo un atterraggio da oltre 2 metri di altezza.
Il successo fu immediato. Solo quattro anni dopo, secondo il sito web delle Olimpiadi, "a Monaco di Baviera 1972, 28 dei 40 concorrenti del salto in alto avevano adottato la tecnica di Fosbury, e l'ultima volta che il fino ad allora onnipresente salto ventrale venne utilizzato alle Olimpiadi, fu a Seul 1988".
In foto, Christian Schenk, Seul 1988